La New York degli anni ’80 è una città molto diversa da come appare oggi. Il tasso di omicidi è alle stelle e l’uso di droghe, soprattutto il crack è molto diffuso. Ma sono anche gli anni del boom di Wall street e gli anni in cui si esaltano i mostri sacri dell’arte contemporanea. Tra mondanità, trasgressione ed eccesso, i protagonisti del vivacissimo clima artistico di una sempre nuova New York sono artisti del calibro di Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat , Francesco Clemente, Keith Haring, Julian Schnabel e Jeff Koons. Uno dei luoghi più pericolosi in questi anni sono le metropolitane, terre di nessuno in cui i reati prolificano, e dove anche Haring realizza moltissime opere, i graffittari e street artist amano infatti questi luoghi, li sentono loro e cercano di limitare così uno spazio infinito dandogli una dimensione.
L’arte “avviene” di notte. E’ l’inizio della scena artistica dell’East Village. Gli spazi sono economici per non dire gratuiti, l’arte prospera.
Ma dove si divertono gli artisti in quegli anni? Che locali frequentano la sera?
Il più celebre anche per anzianità è sicuramente il The Dom, che già dal 1966 da ex locale polacco, diviene il night club di Warhol e Morrissey. Qui i Velvet Underground & Nico sono di casa. Si esibiscono molto spesso:
Dalla vivacità eclettica di queste serate nascerà la copertina del Disco The Velvet Underground & Nico by Andy Warhol, un icona in tutto il mondo. Le copertina non riporta il nome del gruppo, ma solo la celebre banana e la firma di Andy Warhol:
La celebre banana è stata citata anche recentemente da Maurizio Cattelan a Miami Basel lo scorso dicembre, dimostrando il fatto che dopo più di 50 anni rimane un simbolo tutt’oggi. Ecco che artisti provenienti da mondi diversi, arte e musica, in questi locali trovano terreno fertile alla loro creatività. Altro locale noto nella Ny anni ’80 è Studio 54, frequentato da personaggi del calibro di Liza Minnelli, lo stesso Warhol, Grace Jones e persino i coniugi Trump, Donald e l’allora moglie Ivana. Qui si passano serate all’insegna del vizio (alcool, droga, sesso e violenza), alimentando l’immaginario underground e trasgressivo di quegli anni e di quella generazione per la quale ”sembrava che non ci fosse alcuna memoria collettiva, che non ci fosse passato. Si era rinunciato a qualunque forma di storia, a qualunque tipo di coinvolgimento, a qualunque tipo di giudizio” (Gonzalez Torres). Non dimentichiamoci che l’AIDS è alle porte.
Questo ex-teatro è frequentato in questi anni anche dalla cantante italiana Loredana Bertè. Qui nasce l’amicizia con Warhol il quale realizza nel 1981 la copertina del vinile della cantante dedicato all’Italia, Loredana Bertè: Made in Italy:
All’interno del vinile il brano Movie è stato diretto nel suo video clip proprio da Andy Warhol. Aneddoto divertente è che alla Factory la cantante italiana è soprannominata”pasta queen”, per le sue doti culinarie. Anche la foto di copertina, firmata da Christopher Makos, è frutto della collaborazione della Bertè con la Factory di Warhol: due anni dopo, un altro degli scatti di quel servizio è utilizzato per la copertina dell’album Jazz.
Altro club rinomato in quegli anni è il locale Club 57 nell’East village, frequentato da un Basquiat giovanissimo, Haring e Warhol, oltre a moltissimi altri artisti. E’ un luogo dove le arti performative hanno libero sfogo:
Proprio qui nascerà un fugace amore tra Madonna e Basquiat, presentatole da Haring, conosciuto anch’esso dalla cantante in un altro locale, la Denceteria. Nato come club per studenti, diventa ben presto il trampolino di lancio per gli artisti emergenti della città. Uno spazio aperto alla sperimentazione, in cui vanno in scena performance che uniscono poesia, musica, pittura, moda, fotografia e video. Haring diventa il curatore artistico di questi spazi.
Anche al Paradise Garage è di casa, e realizza ritratti dell’amico dj e curatore artistico del club, nonchè mago del suono, Larry Levan, per cui realizza anche delle copertine di vinili.
Haring rimane legato al locale creando opere ad hoc fino alla sua chiusura nel 1987. Oggi l’edificio (ex garage da qui il nome del locale) è stato abbattuto per far spazio alla nuova New York.
Nell’immagine seguente si vedono le pareti totalmente black della sala in cui il suono è studiato nei minimi dettagli con casse situate nella sala scientificamente, affinché il suono sia 110 decibel ad ogni angolo del club. In questa immagine si vedono le opere realizzate sui muri dallo stesso Haring, total back and white:
Anche al Garage la selezione all’ingresso è rigorosa, omosessuali e latini sono i benvenuti, donne ed etero un’eccezione. Questi locali rappresentavano dunque anche lo sfogo in una NY che non accetta ancora le differenze razziali e sessuali. Spostandoci di zona approdiamo al Mudd club, situato a Tribeca, nel cuore di Manhattan, e Basquiat ne è un assiduo frequentatore. E’ in antitesi con la NY chic rappresentato dallo Studio 54 e per Basquiat diviene una vera e propria seconda casa. Il locale è anche il primo in quegli anni a trasformarsi ad hoc in vera e propria galleria d’arte.
Basquiat è parte di questa nuova generazione di artisti che mixa le arti, da dj a regista a pittore a designer, sperimenta con oggetti e materiali diversi. Ed è qui che Haring cura una mostra con un corpus di 100 artisti differenti, spesso emarginati dalla scena artista classica newyorchese.
Questi locali rappresentano dunque nella NY anni ’80 una fucina creativa e culturale dove diverse esperienze artistiche si mixano creando un energia inedita. I diversi gruppi etnici e i diversi orientamenti sessuali si incontrano in questi ambienti senza sentirsi oppressi dal giudizio e dalle restrizioni di un’america ancora molto chiusa al diverso. Le differenti idee in questi club riescono a fiorire quasi in segreto, proteggendosi l’un l’altra. Hanno indubbiamente segnato la cultura di strada per tutti gli anni ’80 grazie al fatto che pittori, poeti, musicisti,dj incrociano le proprie idee dando vita ad un vibe nuovo. Molti di loro oggi sono chiusi e gli edifici a volte abbattuti ma la loro leggenda rimarrà scritta.