Tra arte e moda esistono intrecci profondi e non solo recenti.
Al Giorno d’oggi le maggiori case di moda da Vuitton a Dior hanno collaborato coi più importanti artisti contemporanei. Che la moda si ispirasse all’arte però è un tema non solo attuale. Già nel periodo dell’Art Nouveau Klimt era stato oggetto di interesse. Alcuni capi indossati da suoi soggetti pittorici sono stati infatti di ispirazione per stilisti:
Ecco a confronto il ritratto di Adele Block Bauer con il ritratto di una delle sorelle Flöge, proprietarie di una nota sartoria Viennese, molto amica di Klimt a cui sarà legata tutta la vita.
Si vociferava che Klimt ed Emilie fossero amanti, tanto era il tempo che passavo insieme e le influenze l’uno nel lavoro dell’altro.
Più o meno negli stessi anni ma in Italia anche il futurismo si occupa di Moda. Giacomo Balla, uno delle punte di diamante di questo movimento scriverà per l’appunto “Il vestito antineutrale”. In esso ritroviamo tutti i punti dell’arte futurista: forte carica del colore, abiti aggressivi, agili da indossare, semplici, comodi, gioiosi, asimmetrici, di breve durata (antesignani del consumismo sfrenato) e variabili.
L’abito si doveva modificare secondo regole generali, ma ciascuno era libero di cambiare l’aspetto esteriore di un indumento attraverso i “modificanti”, elementi geometrici di tessuti e colori diversi, forniti con il capo, da applicare a piacere.
Il capo seguente è invece un panciotto disegnato dall’artista Depero con inserti applicati (il rosso rimane il colore prediletto dai Futuristi):
Nel 1997 Laura Biagiotti (grande collezionista di opere futuriste) decide di dedicare un’intera collezione a questo movimento.
Elsa Schiapparelli tra le 2 guerre si ispirerà invece ai surrealisti, mettendo piccole labbra al posto di bottoni, insetti su cappelli, dettagli surreali a capi di ogni giorno:
“Lavorare con artisti come Bebe Berard, Jean Cocteau, Salvador Dali, Vertes, Van Dongen e con fotografi come Hoyningen Huene, Horst, Cecil Beaton e Man Ray regalava un senso di euforia. Ci si sentiva sostenuti e capiti, a differenza della più superficiale e noiosa realtà della realizzazione di un abito da mettere in vendita.”
Elsa Schiaparelli, “Shocking Life”, pag. 75
Il seguente abito della stilista riprende due disegni di volti femminili che lo stesso Cocteau aveva infatti realizzato per lei. Due profili di volti che si baciano ricamati sul retro di un soprabito. Nei dettagli del bottone appare decorato un sottovaso dal quale esce la gamba di una donna.
Un tema ripreso in più abiti dalla stilista:
Il seguente cappello invece è frutto della collaborazione con Salvador Dalì, suo grande amico. Una delle collaborazioni più fruttuose della Schiaparelli, che si avviò intorno alla fine del 1936, fu infatti quella con il pittore Salvador Dali. Il cappello a forma di scarpa in feltro e velluto, della collezione A/I 1937-1938, fu disegnato per essere indossato come una scarpa sottosopra. Fu ispirato da un’immagine di Dali con la scarpa della moglie Gala sulla spalla.
Un altro motivo noto dell’artista che la stilista riprese era quello del cavallo impennato, che appare in molti dettagli, bottoni, inserti in macramè, inserti metallici o decorazioni a filo.
I due geni si incrociano, creando abiti mai visti prima. Nasce così nel 1937 l’abito ad aragosta indossato per prima da Wallis Simpson, donna che era riuscita a far rinunciare al trono d’Inghilterra il consorte per sposarla. Dalí pone su un abito lungo da sera di seta bianca, il crostaceo di color rosso. L’aragosta era un “objet du jour” per Dalí, con il suo interno morbido ed esterno duro, e compariva spesso nei suoi dipinti e disegni.
Successivamente altri importantissimi stilisti si ispireranno a celebri pittori come Yves Saint-Laurent fece con le opere di Mondrian, Andy Warhol realizzò egli stesso degli abiti con le celebri Campbell’s Soup e le Britto Box. Tra gli stilisti fu invece Gianni Versace a disegnare capi ispirati alle opere di Warhol stesso.
Ma arrivando agli anni 2000 gli artisti appaiono con loro propri pezzi sulle passerelle d’alta moda. E’ il caso questo di Dior con l’artista Kaws.
Il magazine di Dior spiega: “Appositamente commissionata da Kim Jones per la sua prima collezione, KAWS ha creato una scultura che raffigura il suo emblematico figurino “BFF”, che simboleggia la silhouette di Christian Dior e riconoscibile dai suoi occhi a forma di “X”, una delle firme dell’artista americano. Si ritrovano sull’ape, codice della Maison che ha reinterpretato, sempre su richiesta del Direttore Artistico di Dior Homme, con i suoi colori vivaci e le linee arrotondate caratteristiche del suo universo“.
Kaws oltre alla scultura in rose creata appositamente per la sfilato, ha disegnato per Dior Homme una collezioni di oggetti, tutt’ora in vendita.
Altro caso celebre è il lavoro svolto da Jeff Koons per la maison Vuitton. L’ultima collaborazione tra i due ha portato alla creazione di una capsule collection di borse nelle quale l’artista ha omaggiato importanti opere d’arte appartenenti al passato. L’artista ha posto sulle iconiche borse Speedy, Keepall e Neverfull le immagini della serie di opere “Gazing Ball Paintings”, caratterizzate dalla riproduzione dipinta a mano dei capolavori di Leonardo da Vinci, Tiziano, Rubens, Fragonard e Van Gogh.
Nel 2016 anche la casa di moda italiana Prada decide ci collaborare con l’artista Christophe Chemin. Immagini che attingono da differenti momenti storici del passato, prontamente reinterpretati in chiave contemporanea dalla mente creativa di Chemin. Chemin ha realizzato dodici tele ispirate ai dodici mesi del calendario della Rivoluzione Francese. Vere e proprie opere d’arte che si sono trasformate in stampe applicate su abiti, gonne e cappotti.
Quindi nella contemporaneità le case di mode più che ispirarsi agli artisti dell’arte figurativa decidono di creare con loro delle vere e proprie collaborazioni, affidandogli la direzione artistica di intere collezioni!