Giuseppe Comparini nacque a Firenze nel 1894. Già in giovane età, negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale, lavora come aiuto decoratore nella bottega di Gino Danti a Firenze. Lavoro interrotto dalla sua chiamata alle armi nel 1915. A seguito del congedo lavorò nelle Ferrovie dello Stato come operaio di prima classe, seguendo contemporaneamente i corsi serali di disegno e pittura a Firenze.
Nei primi anni Venti, poco dopo essersi sposato, lasciò il lavoro presso le Ferrovie per poi aprire, sempre a Firenze, la bottega “G. Comparini – decoratore e pittore”, che gestì fino agli anni Sessanta. La sua attività di bottega fu sempre accompagnata dalla sua passione per la pittura. Le sue prime opere possono essere datate attorno agli anni Trenta.
Non si hanno notizie certe circa la sua partecipazione a mostre prima del 1951, quando tenne la sua prima personale presso la Galleria Molteni di Milano.
Dal 1957, a seguito della morte della moglie avvenuta nel 1953, iniziò il suo sodalizio con Guido Balzani, il quale ne ospitò, con frequenza quasi annuale, le esposizioni, nella sua galleria milanese.
Dal 1966 una delle sue opere è presente al Museo dell’Accademia d’Arte di Montecatini, a seguito di una sua donazione. Nel 1971 ricevette il “Fiorino d’oro” da parte del Comune di Firenze, a riconoscimento del suo operato nel campo delle arti.
Morì a Firenze nel 1980.
Giuseppe Comparini, muovendosi nel solco della tradizione pittorica toscana, studiava i suoi soggetti dal vero, prendendo appunti attraverso schizzi a mano libera ed aiutandosi attraverso fotografie che mostrassero i cambiamenti della luce del sole. Nel prepararsi a dipingere sceglieva l’ora solare più opportuna per fissare gli effetti chiaroscurali e cromatici che desiderava raggiungere. Il suo linguaggio è schietto, realista, senza essere costretto sotto al pregiudizio di scuole o tendenze estranee al mondo dell’arte. I suoi colori sono pieni corposi e le sue pennellate rapide ne definiscono i solidi volumi. I suoi punti di riferimento artistici furono Giovanni Fattori e Giovanni Malesci e come loro lavorò sempre all’aperto avvolto dal silenzio della campagna fiorentina. Pur essendo un abile disegnatore rinunciò ai virtuosismi grafici in favore in favore di un linguaggio più naturale, cercando di trasmettere la verità dei paesaggi da lui raccontati. La critica moderna tende a considerarlo uno dei migliori eredi del linguaggio postmacchiaiolo, la cui pennellata mescola suggestioni macchiaiole ad influenze impressioniste.