Guido Guidi (1901-1998) nacque a Livorno, generalmente indicato come anello di congiunzione tra i grandi Macchiaioli e le generazioni successive, dimostrò fin dalla tenera età una certa predisposizione per il disegno, attraverso il quale fissava le proprie osservazioni in merito a forme e colori, mostrando anche un certa abilità manuale.
Terminati gli studi alla scuola elementare, nel 1912 si iscrisse all’Istituto d’Arte e Mestieri, che frequentò solo per breve tempo, poichè fu richiamato presto al lavoro di ciabattino dalle gravi condizioni economiche familiari. In seguito a questa esperienza decise di aprire una propria bottega nel 1916, in pieno clima della prima guerra mondiale, ed infatti, fu chiamato alle armi presso il III Reggimento Cavalleria a Ferrara già nel 1919. Nonostante il lavoro per migliorare le condizioni economiche proprie e familiari, continuò ad esercitare la propria passione per il disegno attraverso studi dal vero. Anche gli eventi bellici non arrestarono la sua voglia di sperimentare e proprio di questi anni rimarranno alcune scene di vita militare, che ritornarono poi anche nella sua pittura, a testimoniare come l’artista visse intensamente questo periodo e di come certi avvenimenti rimasero impressi nella sua memoria.
Nel 1924 espose per la prima volta in pubblico i propri dipinti in una mostra collettiva denominata Cenacolo degli Illustri presso Firenze mentre, nel 1927, anno del suo matrimonio, espose presso Bottega d’Arte di Livorno con la sua prima mostra personale e legò la sua arte per diverso tempo al cognato Galliano Masini, già affermato tenore, il quale come un illuminato mecenate ne acquistò l’intera produzione, alleviando in questo modo anche le sofferenze psicologiche dell’artista.
Purtroppo, nonostante alcuni successi espositivi e riconoscimenti, come l’acquisto di un suo dipinto da parte della Real Casa nel 1936, l’artista non fu mai abbandonato da un certo malessere psichico, dovuto anche al termine del sodalizio con Masini, che lo costrinse a frequenti ricoveri a Volterra e a Pisa. Questa condizione di instabilità economica e soprattutto interiore, determinò un allontanamento dalla pittura, proprio in coincidenza con il secondo conflitto mondiale.
Riprese con entusiasmo la sua attività sul finire degli anni Quaranta ed il 1955 segnò il suo grande ritorno attraverso un esposizione per la Rassegna di Arte Popolare a Roma, seguita da un’altra mostra presso Bottega d’Arte a Livorno, nel 1956, che fu ripetuta nel 1959. Nel 1961 fu presente anche a Firenze alla Galleria Cancelli, come socio del Gruppo Labronico.
Dopo diversi anni vissuti praticamente in isolamento, a stretto contatto soltanto con la propria tavolozza, l’artista si trovò in breve tempo ad essere conteso tra i più importanti galleristi e collezionisti italiani che, colpiti dal suo modo personalissimo di dipingere, ne invasero lo studio.
Iniziò così per Guidi un periodo di intensissima attività espositiva, che lo portò a toccare tutte le più importanti città italiane, attraverso le più grandi manifestazioni artistiche del dopoguerra italiano.
Tappa ricorrente fu per l’artista Livorno, dove, nel 1966, tenne una Mostra Antologica organizzata dal Comune alla Casa della Cultura, che lo consacrò tra i maggiori pittori labronici nel Novecento, dando un definitivo riconoscimento alla sua arte.
Con gli anni Settanta continuarono le sue partecipazioni, sia a grandi manifestazioni internazionali, come la Biennale di Arte Contemporanea Europea, tenutasi ad Atene nel 1972, sia presso le più importanti Gallerie italiane.
Nel 1984, ad ulteriore conferma della popolarità e del successo raggiunti, venne pubblicata una monografia edita da Matteoni Editori di Lucca, curata da Piero Caprile, Elio Mercuri ed Adolfo Tucci. Le ultime mostre si tennero presso la Galleria Athena di Livorno, nel 1996, e presso il Giardino dell’Arte di Montenero, nel 1997.
Guidi scomparve nel 1998 e la sua memoria venne subito celebrata attraverso una serie di retrospettive dedicate alla persona e all’artista.
L’arte di Guidi nasce da un’esigenza propria, spontanea, che parte dalla sua interiorità. Fa parte della schiera di artisti che sono cresciuti sviluppando le proprie doti da autodidatti, vissuti un pò ai margini, ma questo non deve essere per l’artista visto come un qualcosa di riduttivo, al contrario, se non avesse vissuto un esperienza di questo tipo la sua arte avrebbe avuto certamente degli sviluppi diversi e forse, non sarebbe stata libera da condizionamenti esterni come invece fu. Egli ha saputo dare libero sfogo alla propria interiorità, al proprio sentire, senza servirsi di linguaggi già utilizzati da altri. Guidi costruisce le forme e le figure attraverso rapide pennellate, quasi sommarie, sfumando i contorni dei soggetti rappresentati. Il colore, sempre acceso e vivace, domina, ma mai arrivando ad annullare le figure ritratte. La sua pittura è spontanea, libera, non segue un percorso evolutivo predeterminato, trae spunto dalla quotidianità, le forme e le situazioni sono riconoscibili da tutti. Attraverso le sue tele è in grado di calare l’osservatore in uno spazio che sembra portarlo in una dimensione quasi onirica, forse proprio frutto della sua pennellate, dei suoi colori, della luminosità diffusa, che pure resta legata a contesti e spazi che sono quelli propri della realtà da tutti conosciuta e riconoscibile, che appare però qui in una dimensione inaspettata.