A Christian Gangitano, curatore e critico d’arte, esperto di cultura giapponese, abbiamo fatto 10 domande, per poter intendere il linguaggio artistico dell’esclusiva Pop Art Giapponese, che ospitiamo in Galleria.
E’ arrivato nella nostra nuova sede, in Via Santa Marta a Milano, mercoledì 16 dicembre, a mezzogiorno spaccato, con una ventiquattrore colma di libri e una sciarpa nera con picatku.
Prima di cominciare ci mostra tutto il materiale che ha portato: una rivista di moda e lifestyle giapponese, diversi libri bestseller, in cui appaiono le immagini della nostra punta di diamante Tomoko Nagao, e la fonte assoluta per riuscire a comprendere il grande e all’avanguardia movimento artistico giapponese MicroPop, The Age of MicroPop di Midori Mitsui.
Cominciamo con una semplice domanda introduttiva, per presentarvi con chiarezza chi abbiamo davanti.
Il tuo lavoro è decisamente interessante e unico. Raccontaci in che cosa consiste!
La parola lavoro mi sta stretta, per quel mi che mi riguarda, il mio non è solo un lavoro ma è, soprattutto, una vera e propria passione, una vocazione che mi muove. Sicuramente è un lavoro di ricerca e di continuo aggiornamento. Io sono un curatore e critico d’arte indipendente, ma sono anche un esperto di comunicazione e direttore creativo di eventi di comunicazione attraverso le arti. Ciò che manca oggi alla comunicazione è ciò che le aziende oggi cercano: una comunicazione valoriale. Io mi occupo di comunicazione affinchè i contenuti della stessa diventino valoriali. L’arte è un ottimo mezzo per comunicare valori ed emozioni e, in genere, è la comunicazione l’arte stessa. Il mio lavoro è il mio stile di vita: io faccio e sono questo.
Quando nasce la tua passione per il Giappone e per la sua Arte?
La mia passione per il Giappone nasce nel lontano 1978, quando, guardando la televisione, allora si guardava molto la televisione catodica, dal 2006 io non ho più la televisione, lo considero uno strumento obsoleto, vennero interrotti i programmi di Supergulp (programma televisivo cult degli anni 70, dedicato al mondo dei fumetti animati) per le vicende di cronaca dell’epoca. Arrivarono per la prima volta i grandi robottoni, arrivò Goldrake, quindi uno scenario totalmente nuovo e assolutamente figo. Questo robot, guidato dall’interno da Actarus, fu una grande intuizione, una novità assoluta, del genio Go Nagai, che io reputo un grande artista, che aveva poi preso da Osamu Tezuka che è il godfather delle anime giapponese. Osamu Tezuka viene erroneamente chiamato il Disney giapponese, per me è assolutamente sbagliato, perché, se mai, è Disney l’Osamu Tezuka americano. Ma, al di là di chi è cosa, che non è interessante, lo è invece sapere che Osamu Tezuka ha inventato un linguaggio, una cifra stilistica, che successivamente Go Nagai ha reinventato. La logica lillipuzziana di immedesimazione del ragazzo che pilota il robot mi portò a vivere quella immedesimazione. Rimasi folgorato e capii subito che non era una cosa soltanto bella, ne fui immediatamente coinvolto. Dopo qualche anno realizzai che quella era arte. La mia passione nacque in quel momento.
…Cosa sai sull’Arte Giapponese?
So che fino a poco tempo non era arte, non esisteva alcune differenza fra arte e artigianato. So che l’arte giapponese, per come la immaginiamo, è un qualcosa che noi occidentali abbiamo portato. Quando arrivarono le Black Ships a Yokohama, obbligando il Giappone ad aprire i mercati, ponendo fine alla grande epoca dello shogunato dei Tokugawa, quindi alla parabola dei samurai, dell’estetica fluttuante, l’Ukiyo-e, quindi di un mondo assolutamente contemporaneo, ma esteticamente molto valido, entrò il concetto di Arte Bijutsu. E’ certamente qualcosa che, per come la intendiamo oggi, viene da Occidente. L’Arte Giapponese, nella sua cifra stilistica, ha sempre mantenuto una continuità con il passato e non una rottura. Nell’Arte Giapponese non c’è stato bisogno di Douchamp, delle grandi fratture, c’è sempre stata una liaison con il passato, che si rinnova, che si riattualizza, che non rompe mai. Questo filo conduttore per me è molto interessante e poi mi affascina tantissimo. Considero l’Arte Giapponese contemporanea, quindi attuale e specchio della società, dell’attualità e del periodo in cui viviamo.
Da occidentale, cresciuto venendo a contatto e studiando l’Arte prevalentemente europea, qual è la tua personale opinione sulla nascita e sullo sviluppo dell’Arte Giapponese ?
Non mi sento proprio un occidentale, certo quando ero piccolo il mondo era diviso in due blocchi, quindi sì, si poteva parlare di Oriente e di Occidente. Oggi viviamo in una globalizzazione totale e assoluta del linguaggio e delle culture, quindi mi sento un po’ occidentale e un po’ orientale. Dipende, però, da che punto di vista guardi il mondo: se lo guardi dall’altra parte in realtà noi siamo a Est. Certo, la nostra cultura ha dominato, ha colonizzato, creato imperi, quindi la nostra cultura, cosiddetta occidentale, ha imposto diverse cose in tutto il mondo. Fa effetto pensare che in America Latina si parli spagnolo ! A me fa molto effetto. Quindi da occidentale sì, però con una precisazione. La nascita dell’Arte Giapponese, così come quella Occidentale, risale al periodo Jōmon, della preistoria. Essa consiste nell’esigenza antropologica di comunicare, che l’uomo possiede, chiaramente con delle prerogative diverse. Il Giappone è un’isola, non era semplice raggiungerla attraverso gli agitati mari, ha avuto, infatti, la prerogativa di rimanere chiusa, di mantenere delle caratteristiche culturali originali, primitive, estremamente attuali. Quindi credo che lo sviluppo dell’Arte Giapponese, asiatica in generale, sia e sarà il nuovo linguaggio, sarà quello del futuro, sarà quello che per secoli è stata l’Arte del nostro cosiddetto Occidente.
In che modo e in quale momento l’Arte Giapponese ha influenzato quella Europea?
L’Arte Giapponese ha influenzato moltissimo l’Arte Europea, soprattutto agli inizi dello scorso secolo. All’inizio del ‘900 Parigi era il cuore pulsante della cultura europea, cosiddetta Occidentale. I grandi artisti, che vivevano e lavoravano a Montmartre, che facevano parte dello scenario Impressionista e Pre-Impressionista, rimasero folgorati dall’Arte Giapponese. L’idea Ukiyo-e venne importata dai Francesi, vittime affascinate e basite dall’esotismo asiatico, il Giapponismo, in francese Japonisme, che importavano i china, ovvero i dish, i piccoli oggetti di ceramica in stile cinese, che usavano ovviamente all’Occidentale, che venivano incartati con le stampe Ukiyo-e, simbolo di un’arte già riproducibile e seriale. Vennero quindi a contatto con le incredibili stampe di Hokusai, Utamaro e Harunobu, i top. Ne rimasero profondamente influenzati, vedi le ninfeee e i soggetti che caratterizzarono quell’epoca.
Christian ha senz’altro molto da dirci e spiegarci e tutti noi ne siamo rimasti affascinati.
Per scoprire il resto dell’intervista rimanete sintonizzati !